lunedì 26 febbraio 2018

Diffusa la bozza di rinnovo dell'ACN

Si tratta solo di una pre-intesa, a cui seguirà il vero e proprio rinnovo dell’ACN, relativo al triennio 2006-2018, che dovrebbe essere negoziato e varato nell’anno in corso, dopo il via libera alla bozza. Ecco in sintesi i contenuti principali dell'intesa sottoscritta alla viglia delle elezioni politiche.
  • Parte normativa. Vengono ribaditi gli obiettivi di politica sanitaria nazionale, già inseriti nell'atto di indirizzo: Piano Nazionale della Cronicità, Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale, Accesso improprio al Pronto Soccorso, Governo delle liste di attesa e appropriatezza. Altri punti qualificanti sono: regolamentazione del diritto di sciopero in ottemperanza alla normativa per i servizi pubblici, revisione delle procedure di accesso alla MG, per favorire il ricambio generazionale, alla continuità assistenziale e all'emergenza sanitaria.
  • Parte economica. Comprende gli arretrati dal 2010 al 2015 (0.35-0.52 €/assistito per anno) più quelli del biennio 2016-2017 (0,77-1,28 €/assistito) in attesa del rinnovo della parte normativa ed economica dell'ACN 2016-2018. La cifra complessiva per un massimalista si dovrebbe aggirare attorno a 7500 € lordi, corrisposti in due tranches, a 60 e 90 giorni dall'entrata in vigore della pre-intesa, presumibilmente dall’inizio dell’estate. 
  • Arretrati per la CA: 0,11-0,17/ora dal 2010 al 2015,  0,24-0,41/ora per il 2017-2017. 
  • Per l'emergenza sanitaria territoriale: 0,12-0,18/ora dal 2010 al 2015, 0,26-0,44/ora per il 2016-2017. 
  • Per la medicina dei servizi: 0,07-010/ora dal 2010 al 2015, 0,15-0,25/ora per il 2016-2017.
I veri e propri aumenti dei compensi, per la quota capitaria o altre indennità della MG, destinati a trascinarsi negli anni successivi, verranno definiti nel 2018 con il rinnovo dell'ACN triennale. E’ verosimile che in questa sede verrà stabilita la cornice attuativa degli obiettivi di politica sanitaria nazionale enunciati nella premessa, che costituiscono impegni professionali non indifferenti destinati ad avere un rilevante impatto sui carichi di lavoro e sull’organizzazione.

L'intesa segna una svolta nella contrattazione nazionale e soprattutto regionale: l’ACN recepisce, seppure in modo per ora solo formale e non pratico, il Piano Nazionale per la Cronicità, a cui si dovranno attenere gli AIR che nei prossimi anni implementeranno in periferia il piano a livello clinico-assistenziale ed organizzativa, secondo i principi generali enunciati nel Piano stesso (si veda il PS). Gli AIR dovranno prevedere "l'attiva partecipazione dei medici di assistenza primaria alla presa in carico delle persone affette da patologie croniche per rendere più efficaci ed efficienti i servizi sanitari in termini di prevenzione e assistenza e assicurando maggiore uniformità ed equità di accesso ai cittadini".

Si inibiscono quindi le fughe in avanti di alcune amministrazioni regionali, che in assenza di vincoli normativi nazionali si stanno muovendo autonomamente e in ordine sparso in questo settore decisivo per il futuro della MG. E’ il caso delle delibere lombarde sulla Presa in Carico della cronicità che su molti punti qualificanti, come il ruolo dei Gestori organizzativi e la figura del Clinical Manager, sono in aperta dissonanza con lo spirito e le direttive del Piano Nazionale riportate nel PS.

P.S.ELEMENTI COMUNI AI MODELLI REGIONALI PER LA PRESA IN CARICO DEI SOGGETTI CRONICI
  1. La necessità di superare la frammentazione dell’assistenza sanitaria nel territorio. Da questo punto di vista, uno degli aspetti su cui ricercatori, operatori e decisori nel settore della sanità hanno posto molta attenzione nel corso degli ultimi anni è la continuità dell’assistenza, che permette una risposta adeguata, in termini di efficacia dell’assistenza, efficienza gestionale e appropriatezza, soprattutto per il trattamento di tutti quei pazienti affetti da patologie in cui la presenza di situazioni di comorbilità, fragilità e non autosufficienza richiede l’adozione di un approccio integrato e multidisciplinare.
  2. L’adozione di modalità operative per favorire il passaggio da un’assistenza “reattiva” a un’assistenza “proattiva” da parte della medicina generale, quale modalità operativa in cui le consuete attività cliniche ed assistenziali sono integrate e rafforzate da interventi programmati di follow-up sulla base del percorso previsto per una determinata patologia.
  3.  Una assistenza basata sulla popolazione, sulla stratificazione del rischio e su differenti livelli di intensità assistenzialeriprendendo anche le indicazioni sulla caratterizzazione delle cure che sono alla base dei flussi dell’assistenza territoriale e, ove utilizzabili, dell’assistenza socio-assistenziale.
  4. Il riconoscimento che l’assistenza primaria rappresenta il punto centrale (hub) dei processi assistenziali con forti collegamenti con il resto del sistema, con un ruolo cardine svolto dal distrettoIl distretto rappresenta l’ambito ove si valuta il fabbisogno e la domanda di salute della popolazione di riferimento rilevata dai professionisti, e riveste un ruolo di tutela e programmazione. Importante è che ci sia un ruolo di governance, intesa come cornice organizzativa e gestionale, chiaro ed esplicito, sia a livello regionale che aziendale.
  5. Una maggiore caratterizzazione e definizione delle funzioni delle diverse figure professionali, mediche e non, a partire dalla figura centrale del Medico di medicina generale (MMG).
  6. La possibilità di definire sedi fisiche di prossimità sul territorio per l’accesso e l’erogazione dei servizi sanitari, socio-sanitari e socio-assistenziali rivolti alla popolazione di pazienti cronici.
  7. La presenza di sistemi informativi evoluti in grado di leggere i percorsi diagnostico terapeutici assistenziali (PDTA) al fine di monitorare e valutare l’assistenza erogata al paziente cronico.
  8. L’utilizzo di linee guida in grado di tener conto della comorbilità e della complessità assistenziale. Risulta fondamentale, infatti: integrare le linee guida basate sull’evidenza con le attività cliniche quotidiane; condividere le linee guida basate sull’evidenza e le informazioni con i pazienti per incoraggiare la loro partecipazione; utilizzare metodi di insegnamento efficaci.
  9. L’integrazione socio-sanitaria e team multiprofessionali che puntano al miglioramento continuo mediante integrazione tra MMG, infermieri, specialisti, altre professioni sanitarie e sociali in grado di prendersi carico di gruppi di popolazione e di garantire loro una continuità assistenziale integrata. Ciò comporta una diversa organizzazione della medicina generale, basata su modelli che privilegiano l’attività in associazione (Aggregazioni Funzionali Territoriali – AFT – e Unità Complesse di Cure Primarie – UCCP – come previste dalla Legge n.189 del 2012 e dal Patto per la Salute 2014-2016);
  10. L’investimento su auto-gestione ed empowerment in modo da aiutare i pazienti e le loro famiglie ad acquisire abilità e fiducia nella gestione della malattia, procurando gli strumenti necessari e valutando regolarmente i risultati e i problemi. Le evidenze scientifiche dimostrano che i malati cronici, quando ricevono un trattamento integrato e un supporto al self-management e al follow-up, migliorano e ricorrono meno all’assistenza ospedaliera.
  11. L’uniformità ed equità di assistenza ai cittadiniIl punto è di particolare rilievo in quanto i diversi modelli organizzativi regionali dovrebbero tenere conto della difficoltà di accesso alle cure da parte dei cittadini. Si tratta di un sistema in evoluzione che richiede una forte integrazione tra i diversi setting assistenziali.

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