venerdì 30 marzo 2018

Indicazioni generali del Piano Nazionale per la Cronicità (ottobre 2016)

Il Piano Nazionale per la Cronicità in un'appendice elenca sinteticamente le caratteristiche organizzative comuni che i modelli regionali dovranno soddisfare per la gestione appropriata delle patologie croniche nelle diverse realtà locali. Di seguito sono riportati i punti qualificanti che riguardano, in particolare, il ruolo e i compiti delle Cure Primarie e del medico di MG all'interno del Distretto.
·       La necessità di superare la frammentazione dell’assistenza sanitaria nel territorio. Da questo punto di vista, uno degli aspetti su cui ricercatori, operatori e decisori nel settore della sanità hanno posto molta attenzione nel corso degli ultimi anni è la continuità dell’assistenza, che permette una risposta adeguata, in termini di efficacia dell’assistenza, efficienza gestionale e appropriatezza.
·        L’adozione di modalità operative per favorire il passaggio da un’assistenza “reattiva” a un’assistenza “proattiva” da parte della medicina generale.
·        Il riconoscimento che l’assistenza primaria rappresenta il punto centrale (hub) dei processi assistenziali con forti collegamenti con il resto del sistema, con un ruolo cardine svolto dal distrettoIl distretto rappresenta l’ambito ove si valuta il fabbisogno e la domanda di salute della popolazione di riferimento rilevata dai professionisti, e riveste un ruolo di tutela e programmazione.
·        Una maggiore caratterizzazione e definizione delle funzioni delle diverse figure professionali, mediche e non, a partire dalla figura centrale del Medico di medicina generale (MMG).
·        La possibilità di definire sedi fisiche di prossimità sul territorio per l’accesso e l’erogazione dei servizi sanitari, socio-sanitari e socio-assistenziali rivolti alla popolazione di pazienti cronici.
·        L’integrazione socio-sanitaria e team multiprofessionali che puntano al miglioramento continuo mediante integrazione tra MMG, infermieri, specialisti, altre professioni sanitarie e sociali. Ciò comporta una diversa organizzazione della medicina generale, basata su modelli che privilegiano l’attività in associazione (Aggregazioni Funzionali Territoriali – AFT – e Unità Complesse di Cure Primarie – UCCP ).
·        L’uniformità ed equità di assistenza ai cittadiniIl punto è di particolare rilievo in quanto i diversi modelli organizzativi regionali dovrebbero tenere conto della difficoltà di accesso alle cure da parte dei cittadini. Si tratta di un sistema in evoluzione che richiede una forte integrazione tra i diversi setting assistenziali.

mercoledì 21 marzo 2018

Presa in carico: appropriatezza organizzativa e relazioni professionali

La gestione delle condizioni croniche, come ribadito in numerosi passaggi del Piano Nazionale per la Cronicità, richiede processi di integrazione, condivisione e cooperazione, come quelli previsti dai PDTA, e soprattutto scelte strategiche ispirate all’appropriatezza organizzativa.

Per garantire l’appropriatezza della Presa in Carico (da ora PiC) e della gestione della cronicità è centrale la suddivisione consensuale dei compiti tra i vari attori organizzativi, specie tra I° livello territoriale e II° livello specialistico, per evitare contrasti, duplicazioni o inutili sovrapposizioni; senza un esplicito riconoscimento dei ruoli reciproci si rischia di favorire la cosiddetta "generalizzazione della medicina specialistica", ovvero la tendenza di alcuni specialisti a "sconfinare" nell'area delle cure primarie sottraendo spazio e competenza al MMG.

I PDTA sono stati elaborati ed applicati dall’inizio del secolo proprio con l’intento di condividere tra MMG e Specialisti ruoli organizzativi e compiti clinico-assistenziali, in particolare per quanto riguarda il diabete mellito. Prima di allora infatti il Centro Diabetologico si faceva carico di seguire assistiti affetti da Diabete tipo II non complicato, che potevano essere agevolmente curati sul territorio dal MMG. Si trattava di un evidente inappropriatezza organizzativa che aveva come conseguenza il sovraccarico del Centro, con allungamento dei tempi e delle liste d’attesa, di cui pagavano le conseguenze i diabetici “complessi”. 

Per superare questo assetto organizzativo “irrazionale” fu avviata, contestualmente all’implementazione dei PDTA, la “dismissione” dei diabetici tipo II non complicati, riaffidati alle cure della medicina territoriale.
Oggi di fatto con la PiC in versione lombarda si ritorna al passato, complice la riproposizione dello stesso modello di relazioni inter-professionali inappropriate di allora; se il paziente decide di accettare la PiC da parte del Gestore ospedaliero il Clinical Manager (CM) della struttura si riapproprierà, ad esempio, dei diabetici che attualmente sono seguiti dal MMG. Sebbene la relazione tra MMG e CM resti ancora indefinita, di fatto la scelta del paziente cronico di affidarsi alle cure del CM in alternativa al medico curante, configura una sorta di ricusazione selettiva del MMG da parte dell’assistito.

Come ha sottolineato la Federazione regionale degli Ordini dei Medici della Lombardia nel documento che rileva le criticità etico-deontologiche della PiC “si introduce in buona sostanza una dicotomia tra compiti clinico-assistenziali del MMG e quelli affidati al Clinical Manager del Gestore, che potrebbe pregiudicare la continuità e l’integrazione dell'assistenza” ad esempio “quando si rendessero necessarie variazioni della terapia cronica, anche in assenza di riacutizzazioni, per cui la persona assistita dovrà comunque e sempre far riferimento al Clinical Manager del Gestore”.

In sostanza l’offerta di PiC suona come un invito a cambiare medico per un’implicita squalifica professionale del MMG, di cui si dichiara indirettamente l’incompetenza a curare la malattia cronica. Si tratta di una novità in quanto fino ad ora le relazioni inter-professionali erano negoziate tra MMG e specialista, ricorrendo ai due istituti previsti dagli Accordi Collettivi Nazionali: la tradizionale visita di consulenza o al passaggio in cura dal MMG allo Specialista. Ora invece l’assistito viene formalmente invitato a “by-passare” le cure primarie per affidarsi stabilmente ad un professionista alternativo, in un contesto organizzativo ospedaliero.

Per un’appropriata suddivisione dei compiti tra MG e Medicina Specialistica è essenziale la categorizzazione delle diverse forme di cronicità, che si distribuiscono lungo un continuum ai cui estremi si trovano
·         da un lato gli assistiti sani e asintomatici portatori di uno o più fattori di rischio ad elevata prevalenza (semplice iperglicemia e/o ipertensione arteriosa ben compensati e senza danno d'organo) e  
·         dall’altro quelli affetti da monopatologie “complesse” a bassa prevalenza (malattie infiammatorie intestinali, connettiviti, emopatie, epilessia, tumori, malattie neurodegenerative etc..)  o pluripatologie ad elevata intensità clinico-assistenziale (ipertesi e/o diabetici con plurime complicanze, retinopatia, coronaropatia, uremia, polineuropatia, FA e scompenso cardiaco etc..).

Ogni categoria nosografica richiede un bilanciamento appropriato del contributo delle cure primarie e di quelle specialistiche, in funzione della complessità e problematicità del singolo caso. La distribuzione consensuale dei compiti professionali ed organizzativi è influenzata da due variabili, ovvero la preparazione del medico, specialistica o generalistica, e l'esperienza pratica accumulata sul campo.

Nel caso delle condizioni ad alta prevalenza il MMG è in grado di giocare un ruolo perché l’esperienza può in certa misura sopperire alla preparazione generalistica; al contrario nelle patologie a bassa prevalenza e ancor di più in quelle rare è improponibile un affidamento esclusivo alla MG, i cui compiti restano ancillari rispetto allo specialista, proprio per una combinazione "in negativo" di preparazione non specialistica e soprattutto scarso bagaglio esperienziale di pratiche e di casi clinici. 

In un’ottica di appropriatezza organizzativa si possono così schematizzare le relazioni professionali tra I° e II° livello nelle patologie croniche:
·        Relazione consulenziale “classica”. L’assistito è in carico del MMG e il parere dello specialista può essere richiesto occasionalmente dal generalista per un dubbio diagnostico o terapeutico in assistiti portatori di singoli fattori di rischio ad alta prevalenza: la PiC e la gestione del caso restano affidati al MMG secondo i criteri da PDTA ma senza la necessità del PAI
·         Assistito “condiviso”. In caso di patologie ad altra prevalenza con complicanze d’organo la gestione può essere condivisa tra MMG e Specialista in base ai PDTA (follow-up specialistici periodici concordati) con eventuale PAI in caso di assistiti complessi
·         Passaggio in cura. Per patologie a bassa prevalenza/rare o in caso di pluripatologie la gestione resta prevalentemente specialistica, con PAI e supporto della MG per follow-up periodici, sorveglianza e monitoraggio delle terapie in atto etc..
·         Pazienti domiciliari disabili, non autosufficienti, fragili etc. Vengono in genere seguiti con l’assistenza domiciliare del MMG, in ADP o ADI, con consulenze specialistiche domiciliari, in alternativa al “ricovero” in RSA o strutture analoghe.

I dubbi sull’appropriatezza organizzativa della PiC riguardano la seconda e l'ultima categoria. Saranno in grado i Gestori ospedalieri di ri-farsi carico in toto dei pazienti fino ad ora "condivisi" con la MG? Chi assicurerà in futuro la cosiddetta medicina di prossimità, la visione globale dei problemi e il coordinamento degli interventi sul territorio? Chi garantirà l’assistenza ai cronici fragili e/o non autosufficienti, attualmente in assistenza domiciliare o in ADI, che sceglieranno il Clinical Manager?  Il CM potrà recarsi regolarmente al domicilio dell’assistito per monitorarne le condizioni cronica, come fanno attualmente i MMG?

P.S. Al link una proposta di revisione della PiC elaborata da un gruppo di MMG lombardi:  https://app.box.com/s/yql53so9fha0yvlidpwmrcusu0p551dd


sabato 17 marzo 2018

Con le liste elettorali gli Ordini avranno una rappresentanza proporzionale


La ministra Lorenzin ha firmato il decreto attuativo della riforma degli Ordini professionali, che disciplina le modalità di elezioni dei Consiglio Direttivi provinciali, introducendo per la prima volta il voto di lista e nuove modalità di svolgimento delle votazioni e dello scrutinio: http://www.quotidianosanita.it/allegati/allegato8686421.pdf

Per comprendere il possibile impatto della riforma bisogna risalire al sistema elettorale vigente per il rinnovo degli Ordini provinciali, risalente al secondo dopo guerra. Il meccanismo adottato all'epoca, cioè la designazione diretta dei consiglieri provinciali tramite la preferenza individuale senza voto di lista, rifletteva i rapporti tra società e medicina del tempo. A quell'epoca la professione era esercitata prevalentemente in forma privata, nel senso che il contesto professionale corrente era quello della relazione medico-paziente in regime libero professionale, estranea cioè a forme strutturate ed organizzazioni sindacali o professionali di categoria.

Il modello adottato era espressione di quella realtà professionale e sociale. In pratica la gestione ordinistica è stata condizionata per oltre 50 da un sistema elettorale ad personam che ha escluso minoranze consistenti ed organizzate. Non essendo previsto il voto di lista era sufficiente che un gruppo compatto di candidati, coagulato in una “pseudo-lista” informale, ricevesse mediamente poche preferenze in più di una “pseudo-lista” concorrente di minoranza, per aggiudicarsi tutti i seggi in palio, come accede in un sistema elettorale maggioritario, tipicamente disproporzionale e democraticamente non rispettoso delle minoranze.

In pochi anni però lo scenario è radicalmente cambiato. Laddove all'ordine provinciale erano iscritti poche centinaia di professionisti oggi abbiamo una popolazione medica di svariate migliaia. La professione si svolge sempre più in forma organizzata in grandi strutture nosocomiali, gruppi territoriali, aziende sanitarie od ospedaliere etc..; la rappresentanza sindacale e professionale è diffusa a tutti i livelli e negozia accordi collettivi che riguardano migliaia di professionisti, il baricentro gestionale si è spostato a livello regionale e locale.

Insomma nell'arco di pochi decenni si è consumata la transizione dalla dimensione professionale individuale, di stampo liberale, alla contrattazione collettiva in un SSN strutturato su più livelli che vede sindacati e società professionali assumere un ruolo di mediazione e di co-gestione. In questo nuovo contesto non stupisce che i sindacati abbiano influenzato anche la rappresentanza ordinistica, assumendo la funzione di collettori di un consenso organizzato alle elezioni locali.

Il fenomeno è stato favorito da un sistema elettorale rigidamente ad personam", che paradossalmente si è rivelato funzionale al successo maggioritario di liste elettorali informali e "bloccate", composte cioè in prevalenza da esponenti sindacali, con l’esclusione di "opposizioni" consistenti o meno compatte. In alcune province per diverse tronate elettorali questo sistema ha cristallizzato situazioni di quasi monopolio, da “lista unica”, con inevitabile perdita di interesse e scarsa partecipazione per mancanza di alternative a causa della quasi certa esclusione delle minoranze.

Ora finalmente con la riforma Lorenzin il sistema elettorale ordinistico evolve verso il modello proporzionale, grazie all’introduzione del voto di lista accanto alla tradizionale preferenza personale. In tal modo anche le liste di minoranza potranno avere propri esponenti all’interno del Consiglio Direttivo a garanzia del pluralismo, di un’autentica dialettica democratica e di una più ampia partecipazione al voto.

venerdì 2 marzo 2018

Sottoscritto l'ACN "ponte": arretrati 2010-2017 e revisione dell'accesso alla convenzione

Si tratta solo di un ACN "ponte" a cui seguirà il vero e proprio rinnovo, relativo al triennio 2006-2018, che dovrebbe essere negoziato e varato nell’anno in corso. Ecco in sintesi i contenuti principali (al Link il testo completo: https://goo.gl/cuKcrp )
  • Parte normativa. Vengono ribaditi gli obiettivi di politica sanitaria nazionale, già inseriti nell'atto di indirizzo: Piano Nazionale della Cronicità, Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale, Accesso improprio al Pronto Soccorso, Governo delle liste di attesa e appropriatezza. Altri punti qualificanti sono: regolamentazione del diritto di sciopero in ottemperanza alla normativa per i servizi pubblici, revisione delle procedure di accesso alla MG, per favorire il ricambio generazionale, alla continuità assistenziale e all'emergenza sanitaria.
  • Parte economica. Comprende gli arretrati dal 2010 al 2015 (0.35-0.52 €/assistito per anno) più quelli del biennio 2016-2017 (0,77-1,28 €/assistito) in attesa del rinnovo della parte normativa ed economica dell'ACN 2016-2018. La cifra complessiva per un massimalista si dovrebbe aggirare attorno a 7500 € lordi, corrisposti in due tranches, a 60 e 90 giorni dall'entrata in vigore della pre-intesa, presumibilmente dall’inizio dell’estate. 
  • Arretrati per la CA: 0,11-0,17/ora dal 2010 al 2015,  0,24-0,41/ora per il 2017-2017. 
  • Per l'emergenza sanitaria territoriale: 0,12-0,18/ora dal 2010 al 2015, 0,26-0,44/ora per il 2016-2017. 
  • Per la medicina dei servizi: 0,07-010/ora dal 2010 al 2015, 0,15-0,25/ora per il 2016-2017.
Contrariamente alla bozza circolata nei giorni scorsi è stata accantonata l'istituzione di uno specifico settore inerente l’assistenza negli istituti penitenziari e l'aumento del massimale a 1800 scelte su base regionale, nelle zone carenti a seguito di pensionamento, per i medici dotati di personale di studio.
I veri e propri aumenti dei compensi, per la quota capitaria o altre indennità della MG destinati a trascinarsi negli anni successivi, verranno definiti nel 2018 con il rinnovo dell'ACN triennale. E’ verosimile che in questa sede verrà stabilita la cornice attuativa degli obiettivi di politica sanitaria nazionale enunciati nella premessa, che costituiscono impegni professionali non indifferenti destinati ad avere un rilevante impatto sui carichi di lavoro e sull’organizzazione.